16 giugno 2014

Guiro ancora in Emmespunto

A quel tempo Guiro si trovava ancora in Emmespunto, per delle faccende che la storia non ci tramanda.

Dei giovani lo andarono a trovare e, vedendolo assorto in meditazione, si misero intorno a lui e meditarono pure loro. Poi la meditazione terminò.

Allora i giovani dissero: «Maestro, maestro, dicci chi è il saggio!»

E Guiro a loro: «Il saggio non è certamente uno stolto».

«Maestro, maestro» fecero allora i giovani. «Dicci allora chi è lo stolto!»

E Guiro a loro: «Lo stolto non è certamente un saggio».

Tra i giovani c'era anche Lokkial, che invero tanto giovane non era. Proruppe in una irriverente risata, lo scaltro Lokkial.

«Vedete come vi inganna!» disse con voce sicura e sibilante. «Lui non ha risposte per le vostre domande! Voi venite qui, volete risposte, e non ottenete nulla! Perché lui è un impostore e non ha conoscenza da offrivi! Vi illude con il suo ragionare da romanzo d'appendice quando tutto ciò che voi volete sono risposte! No, qui non troverete risposte! Perché dunque perdete tempo a fargli domande? Perché lo chiamate maestro?! Ah ah ah!»

Così parlò il padrino dei lupacchiotti e, alzatosi, si fece strada tra i giovani seduti e guadagnò l'uscita.

Uno studente si alzò e, senza nascondere delusione, disse: «Allora, Guiro, ci saprai almeno dire quali sono stati i risultati delle votazioni».

«Ah» fece Guiro, illuminandosi. «Certo, certo. Ricorderete che la volta precedente mi avevate chiesto cosa fosse la democrazia e quattro di voi avevano espresso le loro opinioni in proposito. Poi, avevamo deciso di procedere a votazione per determinare quale fosse l'idea migliore secondo la maggior parte di noi».

Lo interruppe Nousofio: «Io, vi ricordo, la volta precedente non fui d'accordo ad accettare delle regole imposte da uno solo; la mia posizione non è cambiata: non accetto quelle regole».

«Ed io ti ricordo», replicò Guiro, «che puoi proporci le tue regole e stabiliremo assieme se sono migliori delle mie per la maggior parte delle persone che vogliono sottomettersi a quelle regole. Dicci le tue regole, allora».

Nousofio si alzò con scatto felino, inviperito. «Non accetto di essere comandato! Dittatore! Non vi dirò le mie regole, ma sono migliori di tutte le regole, perché le ha scritte mio padre, che è il più intelligente!»

«Fatto sta», disse Guiro mantenendo un tono pacato, «che la maggior parte di noi deve essere d'accordo ad usare le tue regole e stabiliremo ciò tramite votazione».

«No, no» disse Nousofio scosso dalla rabbia. «Nessuna votazione serve per stabilire che le mie regole sono le migliori! Tu sai benissimo che questi sbarbatelli sempliciotti non sanno riconoscere la ragione dal torto e sono inclini all'errore e soggetti all'inganno, per cui voteranno le tue sciocche regole, perché tu hai sedotto le loro menti ed inquinato i loro cuori e loro agiranno come pensano che tu voglia che agiscano!»

«Puoi sempre provare a convincerli tu stesso delle tue affermazioni», disse Guiro, paziente.

La testa di Lokkial fece capolino dalla finestra. «Ah ah ah! Guiro seduce i giovani per far votare le sue regole, ah ah ah!»

Guiro disse: «In verità ti dico, Nousofio, che se hai regole da proporre, puoi proporle, ma non puoi imporle: voteremo per alzata di mano se vogliamo adottare le tue regole oppure no».

«Ah! E chi l'ha deciso che voteremo per alzata di mano? Tu, sempre solo tu! Vuoi imporre questa regola e io non ci sto» disse Nousofio, e così dicendo se ne andò.

«Bene» disse rassegnato Guiro. «Anche oggi dovremo fare a meno di Nousofio, che ha deciso di non rischiarare il buio della nostra ignoranza con la fulgida luce della sua intelligenza. Eppure sono certo che avremmo molto da imparare, se solo si degnasse di insegnarci».

Robur si alzò per parlare. «Maestro, io sono sicuro che le votazioni siano da rifare, perché non abbiamo ben posto la questione». Agitò i pugni guardando i compagni, come per sfidarli a contraddirlo.

«Coraggioso Robur» esordì Guiro. «Sicuramente ogni questione può essere posta in modo sempre un po' migliore ogni giorno. Ma prima proseguiamo il percorso che abbiamo intrapreso la volta precedente».

La testa di Lokkial ricomparve dalla finestra. Disse: «In verità è inutile rifare le votazioni dal momento che il problema è che Guiro non sa contare!» Ciò detto, Lokkial di nuovo scomparve alla vista.

Simplicio si alzò per parlare. «Maestro, intanto dicci i risultati delle votazioni. Io so che sai contare, come è vero che sappiamo contare tutti qui dentro».

Si sentì una risata. La voce di Nousofio chiese: «Voi bifolchi sapete contare? Non sapete nemmeno che significa contare: se non ci fossimo noi a fare di conto, l'Emmespunto sarebbe spacciato!»

Guiro si rivolse ai ragazzi. «Vedo che, nonostante Nousofio non abbia accettato le regole che noi tutti abbiamo concordato di osservare, escludendosi pertanto da questo gruppo, continua ad intervenire come se le questioni di questo gruppo lo riguardassero. Se siete tutti d'accordo», continuò Guiro, «io propongo che Nousofio, che sa contare tanto bene, verifichi che il numero di braccia alzate sia quello che io dico».

Simplicio riprese la parola. «Scusate, ma io so di saper contare, come tutti qui dentro, perché a tutti è stato insegnato. Quindi conterò pure io perché di quello lì, di Nousofio, non mi fido per niente!»

«Conterò pure io, tanto vi vedo tutti, da dove sono» esclamò un altro giovane che si trovava in uno dei quattro angoli della stanza.

«Bene» disse Guiro. «Nessuno impedisce a ciascuno di contare le mani che vedono alzate. Anche altri di voi possono fare altrettanto e se troveremo delle discrepanze riconteremo, finché tutti i contatori non saranno d'accordo sul numero».

«Maestro, maestro» dissero a questo punto i giovani. «Allora, cosa abbiamo deciso, cos'è la democrazia?»

E Guiro a loro: «La volta precedente, 65 ragazzi su 100 hanno votato per la proposta di Simplicio».

Robur sbottò: «Impossibile!»

Cterpia disse: «Non ci credo».

La voce di Nousofio, oltre le mura della dimora, protestò: «Ma è ovvio: lì dentro la maggior parte sono compagni di sventura di Simplicio!»

«Questo è vero» disse Guiro. «Infatti, 79 di voi sono più simili a Semplicio che non a uno qualunque degli altri 20».

«Quindi» disse Cterpia, «questa è veramente la democrazia?»

«No» disse Guiro, mestamente abbassando gli occhi. «Questo è quello che la maggior parte di noi pensa che possa essere la democrazia. Poiché la maggior parte di noi è d'accordo, possiamo anche dire che quello è ciò che è la democrazia per noi. Ma è una conoscenza su cui concordiamo, non è necessariamente la verità».

«Ah ah ah!» grida Nousofio. «Certo che non è la verità! Ovvio! Infatti la verità è che la democrazia è ciò che ho detto io, che sono più intelligente di voi e so molte più cose di voi!»

Cterpia: «Anche del maestro?»

Nousofio: «Maestro? Puah! Ha ragione Lokkial! Ma quale maestro! Uno che non sa nemmeno rispondere ad una domanda tanto semplice come “chi è il saggio?”»

Cterpia: «Maestro, ma è senza dubbio falso che siamo tutti d'accordo sul fatto che la democrazia di Simplicio sia la democrazia. Infatti, solo 65 di noi hanno votato per quella scelta».

«Allora», disse Guiro, «bisognerà che quei 35 spieghino agli altri le loro ragioni. Se saranno convincenti, forse i 65 diventeranno 59, poi 52, poi 42 e così via. Allora toccherà agli altri spiegare le loro ragioni che si oppongono alla maggior parte di voi e così via».

Il sole stava calando. Cterpia lasciò lo sguardo vagare all'orizzonte che rosseggiava. «Ma è tardi, non finiremo più», disse un po' delusa.

«Senza dubbio è un procedere lungo» disse Guiro. «Ma noi sappiamo che ci sono solo altre 3 idee, per ora, e che ciascuno di quei 35 avrà scelto una di quelle 3 idee. Allora propongo che, sulla strada verso casa, formiate dei gruppi. Poi, nei prossimi giorni, vi riunirete per discutere di quanto vorrete che un vostro portavoce esponga a noi tutti la prossima volta che ci vedremo. In questo modo dovremo ascoltare solo 3 interventi. Che ne dite, vi sembra ragionevole?»

I ragazzi mormorarono il loro assenso. Si sentì il ghigno di Lokkial. Poi, presero commiato da Guiro, che si mise nella posizione nota da qualche parte con il nome padmāsana e chiuse gli occhi.

Il sole scomparve dietro l'orizzonte.

28 aprile 2014

Guiro in Emmespunto

A quel tempo Guiro si trovava nell'Emmespunto e la gente veniva da lui e gli faceva domande.

Un giorno alcuni giovani lo andarono a trovare e gli chiesero: «Maestro, maestro, dicci cos'è l'amore».

Lui si sedette e disse: «L'amore è l'opposto dell'odio».

«Dicci allora cos'è l'odio», replicò uno dei giovani.

«L'odio», disse Guiro prendendo un libro da uno scaffale, «è l'opposto dell'amore».

Un mormorio di protesta si diffuse tra i giovani. Il più sfrontato di questi disse: «Ma così non ci hai detto né cos'è l'amore, né cos'è l'odio!»

Guiro lanciò il libro che aveva preso contro lo studente. Il titolo era "Lo zio e lo Zen", o forse "L'ozio e lo Zen": le testimonianze non concordano su questo punto.

«Secondo quel libro ora qualcuno di voi dovrebbe trovare l'Illuminazione» disse Guiro. «I maestri zen avevano allievi migliori. Mi dispiace ma non ho la risposta alla vostra domanda. Posso solo dirvi che non può esserci amore senza odio e non ci può essere odio senza amore».

«E perché?» chiede uno dei giovani in fondo.

«Un'altra domanda, grazie».

E i giovani a lui: «Maestro, maestro, allora dicci cos'è la democrazia».

Uno di loro, il più robusto e forte, di nome Robur, si alzò. «Io lo so cos'è la democrazia. Mio padre comanda la terza legione dell'Emmespunto, la più forte di tutte e la più numerose di tutte. La democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che quella decisione renderà più forte l'Emmespunto!»

Poi si alzò un altro giovane, con le vesti ricamate d'oro, di nome Plutofilo. «So io cos'è la democrazia: mio padre è il più ricco dell'Emmespunto e ha tutti amici ricchi. La democrazia è quando mio padre e i suoi amici decidono qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che quella decisione renderà l'Emmespunto più ricco!»

«Tz!» fece stizzito un altro giovane, alzandosi. Costui era Nousofio. «Voi non potete sapere cos'è la democrazia. Io lo so, infatti sono il più intelligente e colto in questa stanza e mio padre è l'uomo più intelligente e colto di tutto l'Emmespunto. La democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché riconoscono che quella è la migliore delle decisioni possibili per l'Emmespunto intero!»

Uno degli altri giovani, un tale Simplicio, si alzò e disse: «Mio padre sa fare molte cose: sa cosa serve per far produrre un campo, per far riprodurre gli animali e darci la carne o il latte. Sa come si stampano i libro sui quali tuo padre, Nousofio, ha studiato; sa come si forgiano spade e armature, senza le quali tuo padre, gentile Robur, sarebbe inerme davanti il più scialbo dei nemici. Sa come si costruiscono le case, senza le quali noi tutti dormiremmo all'addiaccio, e le strade che usiamo tutti i giorni per venire a trovare il maestro e lungo le quali le nostre merci vengono trasportate dove ce n'è bisogno. Che dici, Plutofilo? Che senza i soldi non potrebbe costruire quelle cose? Ti sbagli, infatti egli senza ricevere soldi ha costruito molte cose, per sé e per la comunità. Con che soldi ha comprato il materiale? Non ha avuto bisogno di soldi: gli è stato dato, in cambio di altri suoi lavori, oppure in cambio di una parte del latte o del grano prodotti. Di sicuro, non è stato comprato con i soldi di tuo padre, ma con il lavoro stesso del mio. Allora io vi dico che la democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che è solo grazie a quella decisione che tutti potremo mangiare, il guerriero potrà combattere, lo scienziato potrà studiare e fare i suoi esperimenti.»

«Che scemenza!» gridò Robur.

«Che idiozia!» fece notare Plutofilo.

«Quante sciocchezza in così poche parole senza fondamento!» urlò Nousofio.

Il mormorio aumentò, gli animi si scaldarono e cominciarono a litigare.

Susur, il più timido ma anche forse più saggio di tutti, li richiamò all'ordine e alla temperanza. Disse: «Scusate, ascoltate: abbiamo qui il maestro, chiediamo a lui, che certamente sa tante cose, molte forse persino giuste!»

Quando si fece silenzio, Guiro li guardò tutti uno per uno e dopo un lungo sospiro disse: «Io non so in verità cosa la democrazia sia. Però vi posso dire questo: possiamo provare a decidere insieme cosa deve essere».

Il brusio e il disorientamento stavan per aumentare di nuovo quando Guiro esordì così: «Ascoltate cosa faremo».

Quando ci fu silenzio continuò: «Abbiamo sentito quattro idee diverse di cosa la democrazia sia, ma non abbiamo elementi per deciderci su quale considerare la più giusta. Possiamo allora votarle per alzata di mano. Quella che otterrà più voti, cioè quella che soddisfa il maggior numero di voi, la considereremo la migliore. Non sarà possibile alzare la mano due volte. Chi è d'accordo con questo modo di procedere, alzi la mano».

Quasi tutti i giovani alzarono le mani, incuriositi. Ma alcuni invece non erano per nulla soddisfatti. In particolare Nousofio non alzò la mano e storse il muso. Disse: «Mi sembra assurdo che una massa di stupidi debba risolvere una questione tanto importante in questo modo! È ovvio che solo gli intelligenti possono decidere cosa è giusto e cosa non lo è!»

Guiro parlò così: «Bene. Questo sono le regole che le maggior parte di noi è pronto ad accettare. Coloro che non hanno alzato la mano hanno due opzioni: o restano e allora decidono di partecipare seguendo le regole, nonostante non le condividano, o vanno via e si uniscono ad altri che seguono regole a loro più gradite. L'Emmespunto è pieno di maestri sempre pronti ad accogliere nuovi seguaci!»

Nousofio si alzò e se ne andò e un altro paio di giovani con lui.

Guiro continuò: «Ora che tutti noi qui riuniti abbiamo raggiunto un accordo su come procedere per decidere quale sia l'idea di democrazia che soddisfa la maggior parte di noi, …»

Si udì una fragorosa risata. Era Lokkial, che da un po' se ne stava in finestra a guardare il maestro e i giovani discepoli intenti nelle loro peregrinazioni del pensiero. «Ah ah! Stolti! Non capite che vi sta facendo? Vi sta ingannando per bene, costui! Parla di democrazia e come un dittatore impone le sue regole! Chi l'ha deciso che se la maggioranza di voi ha alzato la mano, allora quelle regole vanno bene? Chi ha deciso cosa doveva fare chi non accettava tali regole? Rifletteteci: è sempre lui! Quest'uomo vi usa come marionette! Decide lui le regole! Poveri stolti! Ah ah ah!»

Lokkial restò lì a guardare l'effetto delle sue parole sulle giovani menti assiepate nel grande cortile interno della temporanea dimora di Guiro nell'Emmespunto.

Uno dei ragazzi dubbiosi, allora, disse: «Ma si potrebbero usare anche altre regole!»

«Certo» disse Guiro. «Enuncia le tue idee e mettiamole ai voti. Se le tue regole piacciono di più delle mie, allora useremo le tue».

Il ragazzo dubbioso guardò Lokkial, che gli fece un gran sorriso vittorioso. Il ragazzo dubbioso proseguì: «Ma questa è una regola che hai deciso tu! Io non l'accetto.»

Guiro si spazientì: «Allora non c'è altra soluzione: devi andare via, come ha fatto Nousofio con i suoi amici».

Il ragazzo si alzò turbato e arrabbiato, mentre Lokkial scoppiò in un'altra grande risata. «Tu sei un dittatore, maestro!» urlò il ragazzo, di cui le cronache non riportano il nome. «Io me ne vado, perché non posso sopportare di essere comandato in questo modo! E voi, tutti voi, siete solo delle marionette comandate da questo impostore!»

Il ragazzo si allontanò agitando i pugni. Un altro ragazzo, convinto dai suoi argomenti, lo seguì. Lokkial scoppiò in un'altra risata soddisfatta e si allontanò pure lui.

«Ora possiamo proseguire», disse Guiro. «Se tutti i presenti sono d'accordo nel seguire le regole che ho proposto. Se qualcuno ha altre regole da proporre al gruppo, lo può fare ora e il gruppo le voterà. Nessun'altra proposta per le regole con cui decideremo quale concetto di democrazia, tra quelli espressi, garba al maggior numero di noi? Bene».

Guiro guardò gli occhi speranzosi dei diversi giovani presenti. Vide una mano alzata.

«Parla pure, Triofrasto».

«Ma se ci fosse una quinta idea, che ancora nessuno ha espresso?»

Guiro sorrise: «Giusto. Facciamo così: qualcuno ha qualche altra idea da esporre?»

Si guardarono l'un l'altro, ma nessuno parlò.

«Allora» conclude Guiro, «significa che, limitatamente a ciò che noi possiamo conoscere, ci sono solo quattro possibilità per rispondere al nostro quesito. Se ne dovesse emergere una nuova, si potrà sempre procedere con nuove votazioni».

Salì sopra una sedia, il Maestro, e guardò i suoi discepoli dall'alto, pronto a contare le mani alzate.

«Secondo Robur, la democrazia sono i più forti che decidono perché sanno cosa può rendere più forte l'Emmespunto».

Un certo numero di braccia si alzò. Guiro le contò, finché non ne restarono più da contare. Fece abbassare le braccia.

«Secondo Plutofilo, la democrazia sono i più ricchi che decidono perché sanno cosa può rendere più ricco l'Emmespunto».

Di nuovo ci furono delle braccia alzati, di nuovo Guiro procedette con la conta delle braccia.

«Secondo Nousofio…»

«Un attimo!» protestò Cterpia. «Nousofio ha deciso di andarsene e di non far parte di questo gruppo: ha deciso di non accettare le regole e perciò non mi sembra che si debba tenere in conto l'idea da lui proposta!»

«Ti sbagli» disse Guiro: «Noi abbiamo ascoltato la sua idea e ora la conosciamo tutti, pertanto è giusto che tutti la prendano in considerazione e riflettano se sia quella migliore oppure no. Dunque, secondo Nousofio la democrazia sono i più intelligenti e colti che decidono perché qualunque decisione prendono, essa sarà, in virtù della loro intelligenza e cultura, la migliore per l'Emmespunto».

Dopo aver contato anche queste braccia e dopo aver invitato tutti al silenzio, enunciò l'ultima: «Secondo Simplicio la democrazia sono quando a decidere sono coloro che fanno, perché è grazie a loro che l'Emmespunto vive».

Giunti alla fine, tutti trassero un sospiro di sollievo. Qualcuno sbadigliò. Cterpia si alzò in piedi. «Maestro», disse, «ora ci dovete dire quale delle quattro ha vinto!»

«Mia cara Cterpia», disse Guiro scendendo dalla sedia. «Ti dirò che sapevo già il risultato anche prima di contare le vostre braccia; e dico a tutti voi che dovreste riuscire a indovinare qual è tra le quattro quella che ha avuto più voti. Ma sono stanco e ne parleremo la prossima volta. Ora, lo studente che trattiene il mio libro sullo Zen, sarebbe tanto gentile da restituirmelo?»